
È morto a Napoli Abdon Alinovi. Aveva dedicato la sua vita alla sinistra italiana e ai più deboli. A lungo dirigente del Pci e membro del Parlamento italiano, era stato anche presidente della Commissione parlamentare Antimafia.
Pochi mesi fa Alinovi aveva pubblicato “Rosso pompeiano”, un ampio e bel riepilogo della sua educazione antifascista.
Alinovi aveva 94 anni, era nato a Eboli (Salerno) il 6 maggio 1923.
Alle figlie e al figlio, alla moglie Giulia, a tutti i familiari e agli amici le condoglianze di Consumatrici.
Rosso pompeiano, l’ultima sua fatica
Abdon Alinovi, dirigente storico della sinistra italiana, parlamentare più volte e presidente anche della Commissione Antimafia, a 90 anni e oltre, ha scritto un libro bellissimo.
Si intitola Rosso pompeiano, lo pubblica Città del Sole (534 pagine, 18 euro). Chi non lo trovasse in libreria può chiederlo direttamente all’editore a questo link.
Ma andiamo con ordine, partendo dal titolo e dalla foto di copertina che mostra una casa di un rosso scuro e intenso: è quella dove dal 1913 vissero i genitori di Abdon e 5 figli. Lui era il penultimo, oggi è l’unico ancora vivente.
“Questa casa e questo rosso pompeiano – scrive l’autore – sono il riferimento della mia vita”
Una vita movimentata
Ma chi oggi non riesce a immaginare che si possa vivere senza smartphone, tablet e collegamenti Internet, ignora che nella prima metà del Novecento le persone potessero comunicare e unificare esperienze molto diverse tra loro.
Anche per questo il merito di Alinovi è di aver scritto un libro che tiene insieme una parte della sua vicenda personale (dall’adolescenza alla prima maturità) a una storia italiana in cui si intrecciava la dittatura del fascismo, la guerra disastrosa poi, i bombardamenti Usa che colpivano Eboli e la piana del Sele, una terra che mai si sarebbe aspettata di trovarsi in prima linea, anzi al centro delle fasi finali di un terribile conflitto mondiale, come invece avvenne.
In convitto a Spoleto
Erano tempi di grande povertà e lo diventarono anche per chi pochi anni prima riusciva a vivere una vita modesta ma senza problemi economici. Era così anche la famiglia di Abdon, finché il padre Nino non morì prematuramente e la madre Assunta dovette far vivere (e studiare!) i figli con lo stipendio da maestra.
Il futuro dirigente del Pci finì in convitto a Spoleto e all’epoca quella era ritenuta una fortuna.
Siamo nel 1934, il convitto era duro, ma chi voleva poteva anche scoprire il “rovescio della medaglia”, contrastando la ferrea disciplina a senso unico. Oltretutto Abdon non ne faceva passare una e anche col sacerdote del suo corso ingaggiò una battaglia intellettuale che ha lasciato le sue tracce.
La figura di Garuglieri
Inoltre, nei ritorni per le vacanze a Eboli, il giovane Alinovi cominciò la scoprire la figura di Mario Garuglieri, un calzolaio antifascista toscano, specializzato in raffinate scarpe per signore, che era stato in rapporto con Gramsci e un po’ alla volta, con grandissima prudenza, cominciò a coinvolgere un gruppo di ragazzi del Sud nello studio del pensiero gramsciano.
Garuglieri, prima di essere “spedito” al confino a Eboli, aveva passato 4 dei suoi 12 anni di galera a Turi, nella cella accanto a quella del fondatore del Partito Comunista e ne aveva appreso non solo le idee, ma anche il metodo e il modo serratissimo di ragionare.
Quattro ragazzi
A quella scuola si formarono quattro ragazzi straordinari, “che insieme avevano meno di 80 anni”. Iniziò un periodo di rischiosissima propaganda politica. Abdon, che “ufficialmente” poteva andare a Napoli a studiare, ne approfittava per fare “comizi volanti” sui treni e per fare breccia nell’elegia del fascismo che cercava di edulcorare e di nascondere tutto, mentre l’Italia precipitava nel baratro della sconfitta militare e in una pesantissima situazione economica.
“La carne? Non è necessaria”
La carne? “La carne non è proprio necessaria”, assicurava Assunta, la mamma di Abdon “perché fagioli cannellini, ceci e uova di giornata contengono nobili proteine e sono saporiti con olio e cipolle…”.
Tutto vero, come avrebbero confermato dietisti esperti anni e anni dopo, mettendo anche in guardia contro i pericoli di un abuso alimentare della carne. Ma a quei tempi si faceva solo di necessità virtù.
La fine della guerra e la ripresa della sinistra
Finalmente la guerra finì e Alinovi, dopo l’arrivo di Togliatti a Napoli (bussò come “compagno Ercoli” alle porte della Federazione e dovette faticare per farsi aprire), si trovò proiettato nella costruzione del partito nuovo, quello che si batteva “per la democrazia progressiva”, conobbe Pietro Amendola e via via i compagni che lo avrebbero accompagnato agli inizi della sua carriera politica.
Un lungo apprendistato, certamente, ma scaturito giorno per giorno da impegni diventati sempre più grandi e importanti col passare del tempo.
Cultura e umanità
Chi lo ha conosciuto da vicino sa che Abdon è una persona di grande e profonda cultura, di un carattere che sembra ruvido, ma che è segnato – invece – da una profonda umanità, per quanto priva di smancerie. E tutto questo si ritrova in Rosso pompeiano, che è anche – a modo suo – un libro “allegro”, segnato dalla gioia di fare qualcosa per gli altri.
Due testimonianze “extra”
Il libro è arricchito da due allegati di Mario Garuglieri: una Memoria inedita per la Corte d’Assise di Firenze, scritta nel Carcere delle murate il 17 agosto del 1922 e un Ricordo di Gramsci, pubblicato dalla rivista Società nel 1946.
I meriti di Valeria Alinovi
Abdon riconosce anche il merito di una sua preziosa collaboratrice: “Debbo la pubblicazione della mia fatica all’intelligenza premurosa e competenza di mia figlia Valeria, curatrice”.
Chi conosce l’amore della più giovane delle Alinovi per la lettere e la scrittura sa che il suo non è stato un “semplice” lavoro di editing. Ma molto di più.